
Formazione proposta nell’ambito del progetto „Mediazione per l’accoglienza“ Consorzio Erasmus Plus 2021-1-IT02-KA121-SCH-000012059: Obiettivi 1, 3, 4, 5, 9.
Dare credito e fidarsi delle fonti. Questa è la sfida a cui ogni cittadino è chiamato nel momento in cui fruisce e produce informazioni nel web 2.0. Tale esperienza avviene in un contesto segnato dal sovraccarico informativo, o diluvio informativo, ossia un contesto segnato da un’enorme quantità di contenuti prodotti e scambiati. In un minuto del 2021, ad esempio, avvengono 4,2 milioni di ricerche su Google, 694 mila video sono visti su TikTok.
In questo scenario, la competenza più importante da possedere non è saper cercare e trovare le informazioni, ma saperle selezionare. È l’esperienza con cui studenti e insegnanti si confrontano ogni giorno. I motori di ricerca, ad esempio, propongono dei risultati in un dato ordine, ma è sufficiente? Ovviamente no, il problema è dunque ragionare sui criteri di selezione.
Imparando a distinguere le fonti attendibili da quelle meno affidabili è possibile difendersi anche dalle cosiddette fake news. Il termine in inglese sta per “notizie false” e “bufale”, ed è la locuzione che per la Treccani è “entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità, quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti”.
L’ecosistema della disinformazione, spesso associato al disordine informativo del social web, si può dividere tra misinformazione, che è la condivisione involontaria di informazioni false, la disinformazione, che è la deliberata creazione e condivisione di informazioni note per essere false, e mala informazione, che comprende invece notizie vere condivise in maniera illecita per danneggiare qualcuno e qualcosa.
Molti degli eventi più significativi degli ultimi anni sono stati analizzati anche chiedendosi se ci fosse stata un’influenza delle fake news. Un esempio su tutti: in occasione della pandemia Covid 19, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evocato il pericolo di una infodemia, la diffusione incontrollata di notizie non verificate, fuorvianti e false, e ha cercato di chiarire che occorre fidarsi solo dell’informazione istituzionale. Però non ha potuto evitare alcuni effetti di massa e nemmeno controllare adeguatamente la narrazione (sia istituzionale sia mediatica), a tal punto che il Ministero della Salute italiano ha dovuto smentire, sulla propria pagina istituzionale, che il virus si sconfigga facendo gargarismi con la candeggina. Insomma, la pubblicazione e diffusione di notizie false è sempre più un fenomeno dilagante, capace di danneggiare gravemente privati e aziende, influenzare l’opinione pubblica su temi importanti come la salute e la sicurezza, condizionare la politica, distruggere la reputazione di figure pubbliche e non solo.
Ma quali sono le caratteristiche delle notizie false?
Le fake news fanno quasi sempre leva sulle emozioni, sulle nostre paure o sui nostri pregiudizi (curiosità, razzismo, insicurezza etc.), toccano temi di un certo interesse e legati all’attualità (salute, politica, celebrità, immigrazione etc.), usano toni drammatici o sensazionali, descrivono eventi straordinari etc.
Perché la diffusione di notizie false è un fenomeno così dilagante oggi?
Come mostrano molte ricerche nel settore, buona parte delle persone oggi si informa attraverso i social network. Talvolta, sono proprio questi ultimi, al di là delle competenze digitali di ciascuno di noi, a favorire la diffusione delle notizie false. Ciò è legato al fatto che attraverso i social media tendiamo a seguire pagine, profili e amici che sentiamo più simili a noi. Tale fenomeno, conosciuto come “omofilia delle reti” finisce però col creare intorno a noi una vera e propria “bolla filtrata” (definita dallo studioso Pariser filter bubble) in cui ogni contenuto virtuale a cui accediamo è, per l’appunto, filtrato a partire unicamente dai nostri comportamenti in rete ed è finalizzato a confermare, rafforzare, i nostri punti di vista o a rispondere ai nostri interessi.
Si genera così un vero e proprio effetto “camera dell’eco” a causa del quale le nostre opinioni vengono quotidianamente rafforzate dalla ripetizione e frequenza con cui entriamo in contatto con contenuti e informazioni che confermano i nostri punti di vista.
Proprio per questo i social network sono stati spesso accusati di isolarci e di intensificare le contrapposizioni ideologiche già presenti nella società il cui rischio principale è quello della radicalizzazione.
Quando quindi ci imbatteremo in una notizia falsa, pur di vedere confermati i nostri punti di vista, rinchiusi nella nostra “bolla filtrata” e a seguito dell’effetto “camera dell’eco” saremmo portati maggiormente a crederci e a condividerla.
Allora non fermiamoci ai primi risultati di ricerca, proviamo a navigare in anonimo, proviamo a seguire qualcuno che non ha le nostre opinioni ma che rispettiamo. E perché dovremmo farlo? La risposta è molto semplice. Per arricchirci, moltiplicare il nostro sguardo sul mondo e provare a squarciare la nostra piccola e rassicurante bolla virtuale.
In sintesi, come possiamo imparare a difenderci dalle fake news?
In questo Decalogo vi suggeriamo alcuni consigli utili per non cadere nella rete delle bufale. Buona lettura!
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